Invenzione pisana o fiorentina?
Anche Umberto Eco, ne Il nome della Rosa, racconta che Guglielmo di Baskerville mostra un paio di occhiali, definendoli opera dei giorni nostri, affermando di averli avuti in dono da Salvino degli Armati. Un personaggio, Salvino, che nessun documento del ‘300 riporta o cita.
Molto complicata la storia dell’invenzione degli “occhiali da naso”…
Nel 1305, una predica del beato Giordano da Pisa, fatta in Santa Maria Novella a Firenze, rivelava al popolo che “non è ancora venti anni che si era trovata l’arte di fare gli occhiali che fanno vedere bene. Io vidi colui che prima le trovò e fece”.
Non la solita storica diatriba tra Pisa e Firenze, ma una contesa tra due attività di grande importanza economica. Firenze era un centro di produzione di eccellenza di lenti – con circa 80 persone che davano vita a un florido commercio di questi utilissimi strumenti, dal ‘300 fino a tutto il ‘500 – con grande competenza nella produzione di vetri convessi per presbiti di 60, 65 e 75 anni, oppure vetri concavi per giovani.
Di fatto è che dal ‘600 i fiorentini si ingegnano a strappare il primato dell’invenzione a Pisa, creando diversi falsi storici.
Prima Francesco Redi attribuisce l’invenzione degli occhiali a un certo Sandro di Pippozzo. Poi l’antiquario Ferdinando del Migliore, nel 1684, ne crea un altro: Salvino degli Armati, di cui scrisse che nella chiesa fiorentina di Santa Maria Maggiore sarebbe esistito un sepolcro con l’epigrafe “Savino degli Armati inventore degli occhiali nel 1317“.
A questa storia a Firenze ci credettero in tanti se non tutti.
Perfino uno storico attento come Domenico Maria Manni che nel 1783 pubblicò “Degli occhiali da naso inventati da Salvino Armati”, e a seguito di ciò in Santa Maria Maggiore fu collocato un busto di marmo in onore dell’inventore.
Il personaggio, mai esistito, trova credito fino al 1885, tanto che Pasquale Villari, storico e senatore, gli dedica una targa commemorativa nel chiasso degli Armati tra via del Giglio e il Chiasso degli Armati, vicino alla chiesa che era stata la parrocchia della famiglia. Si dovrà aspettare il 1920, grazie a un altro storico Isidoro del Lungo che affronta l’argomento e smaschera tutta la trama, tessuta contro l’odiata Pisa.