Una spezia veramente preziosa, perché per ricavarne
un grammo occorrono centocinquanta fiori
La raccolta dello zafferano si ripete ogni mattina all’alba, prima che la luce del sole faccia aprire i fiori, per tutto il periodo della fioritura, fra la seconda metà di ottobre e la prima di novembre. Il lavoro viene eseguito a mano ed i fiori raccolti sono riposti in ceste di vimini.
La sfioratura consiste nella separazione degli stimmi dagli stami e dal fiore campanulato. Il lavoro va eseguito a mano e deve essere ultimato entro la sera, altrimenti lo zafferano rischia di guastarsi e il raccolto della giornata compromesso.
L’essiccazione viene fatta sistemando gli stimmi su un setaccio sopra una brace di legna. Questa è la fase più delicata, se gli stimmi rimangono troppo a lungo sul fuoco rischiano di bruciare, se non si asciugano bene possono marcire in pochi giorni. Per questo va fatta il giorno stesso della raccolta.
Tutto incomincia da un fiore, il Crocus Sativus, dai petali color lilla, lunghi e leggeri. Tra i petali si scoprono tre stimmi di colore rosso vivo. Da loro con un procedimento veloce e preciso, si ricava lo zafferano, dall’arabo za῾farān.
Perché è così costoso? Facile da spiegare: le piante hanno un’unica fioritura autunnale (tra ottobre e novembre). I fiori si raccolgono alle prime ore del mattino, quando la corolla è ancora chiusa, uno per uno manualmente. Nello stesso giorno in cui il fiore viene raccolto, è necessario procedere con l’essiccazione. Gli stimmi vengono sdraiati su speciali setacci e sottoposti per breve tempo a una fonte di calore, che sia lo stesso sole o un piccolo braciere. Durante questa operazione i fili perdono circa i cinque sesti del loro peso: per fare un chilo di zafferano essiccato servono all’incirca 150 mila fiori e 500 ore di lavoro.
In Toscana lo si coltiva fin dal medioevo e, per comprenderne il valore sul mercato dell’epoca, 500 grammi di stimmi valevano come un cavallo. È storia che, nel 1228, il Comune di San Gimignano pagò i suoi debiti con le banche parte in denaro e parte in zafferano. Usato non solo come moneta di scambio, la sua commercializzazione garantì notevoli guadagni, a tal punto da permettere la costruzione delle famose torri di San Gimignano (intorno al 1300 erano 72), uno “status simbol” della ricchezza e della potenza.
Ricetta della tradizione nostrana, è il risotto alla milanese.
La leggenda vuole che tutto sia nato nel 1500, grazie a un fortunato errore: il Maestro Valerio da Profondovalle, pittore impegnato nella colorazione delle vetrate del Duomo di Milano, utilizzava lo zafferano per variare i toni del giallo, per sbaglio fece cadere la polvere gialla nella sua pentola del riso, lui lo mangiò lo stesso…
Allo zafferano si riconoscono straordinarie proprietà medicamentose, come essere un potente antiossidante, molto maggiore delle vitamine C e E.
Un elisir di lunga vita da consumare abitualmente.