Calendimaggio la festa della bellezza, dei fiori e dell’amore
Nel nome stesso di Calendimaggio – Cantar maggio – festa stagionale con cui si celebra l’arrivo della primavera – c’era qualcosa di gentile e di gaio. Il Calendimaggio decretava infatti una festa: la festa della bellezza e dei fiori, ma anche degli innamorati.
Le calende di maggio erano attese “dalle amorose fanciulle e dai fervidi amanti” con ansia pari all’affetto e all’attrazione che li univa.
Boccaccio in “Vita di Dante”, apre così l’introduzione:
Nel tempo del quale la dolcezza del cielo riveste de’ suoi ornamenti la terra,
e tutta per la varietà de’ fiori mescolati fra le verdi fronde la fa ridente,
era usanza della nostra Fiorenza e degli uomini e delle donne,
nelle loro contrade ciascuno in distinte compagnie festeggiare….
Firenze era semplice nei costumi, gioiosa nella sua semplicità e piena di delicata poesia nelle sue feste pubbliche. In maggio, per le vie si non sentivano altro che “giulivi canti d’amore”, e non si vedevano che gruppi di giovani donne e di giovinette inghirlandate di rose e di fiori di giaggiòlo (l’iris fiorentina color azzurro ghiaccio).
La musica dei liuti e dei mandolini accompagnava ovunque le danze; alle mense, imbandite lungo le strade, tutti erano invitati e c’era allegria.
Fin dal 1° di maggio, la città era percorsa da comitive di giovani che cantavano il Calendimaggio o altre amorose canzoni in un contesto allegro e spensierato che culminava con le “maggiolate”, proprio da esse ha origine “Il Maggio Musicale Fiorentino” una delle manifestazioni artistiche più prestigiose al mondo.
Gli spasimanti andavano ad attaccare sulla porta di casa dell’innamorata il maio, un ramo d’albero fiorito a cui erano appesi orpelli e nastri, oppure ciambelle, melaranci, confetti e altre cose benevole. E la fanciulla alla quale era reso quell’omaggio, si affacciava alla finestra, arrossendo e rimanendo ad ascoltare confusa di gioia e palpitante d’amore la lieta canzone, mentre coglieva alcuni fiori del “maio”, in segno di gradimento.
Le fanciulle erano tutte vestite di rosso (come apparve Beatrice a Dante la prima volta che la vide nel Calendimaggio del 1274) e tutte inghirlandate di fiori d’ogni specie, con rami e fronde di ginestre fiorite, e al suono delle trombe e dei pifferi, tenendosi per mano cantavano e ballavano in tondo, “a rigoletto” – una danza collettiva con le persone disposte in cerchio – in mezzo al popolo felice. Fra danze e canti popolari veniva eletta la “Regina del Maggio” che, con in testa una corona di fiori, si recava presso le fanciulle fidanzate cantando versi augurali e consegnando loro piccoli doni.
Il pomeriggio andavano tutti per la campagna e facevano merende, cantando e ballando sulle rive dell’Arno, cogliendo margherite o pratoline come le chiamano tutt’ora i fiorentini, e facevano ghirlande per incoronare i più giovani e i bambini che, tutti contenti, tornavano in città.