Per fare bono Zabagione: ova, zucaro, canella e vino bono dolce.
La più antica “ricetta” arriva da Napoli, con un manoscritto della seconda metà del ‘400, che oggi si conserva presso la Pierpont Morgan Library di NY:
Per fare quatro taze de Zabaglone, piglia XII rossi de ova frasca, tre onze de zucaro, meza onza de canella bona, uno bucale de vino bono dolce, fallo cocere tanto che sia preso como uno brodeto…
Non è più di moda come una volta, ma per chi oggi ha una certa età… era una prima colazione o una merenda da leccarsi i baffi: ”lo zabaione”, semplicemente uovo sbattuto e zucchero. Tutto a crudo, mentre altre ricette vogliono che sia cotto come un brodo.
Le incerte, lontanissime origini hanno dato vita a molte storie e leggende, una delle più verosimili risale al 1471, quando il capitano di ventura Giovanni Baglioni, arrivò alle porte di Reggio Emilia e si accampò. A corto di viveri, spedì alcuni soldati a far razzia in zona ma trovarono solamente uova, zucchero, qualche fiasca di vino e delle erbe aromatiche.
Il Baglioni ordinò ai cucinieri di mescolare il tutto e di distribuirlo ai soldati… fu un successo!
Giovanni Baglioni in dialetto emiliano diventava “Zvàn Bajòun” e il nome di quella crema diventò “zambajoun”, italianizzato poi in zabajone e infine zabaione.
Grazie alla genuinità dei suoi ingredienti una bevanda simile sembra fosse già nota nel 1533, servito freddo alla corte de’ Medici e Caterina portò la ricetta a Parigi.
Per i piemontesi invece, è nato a Torino, a fine Cinquecento, grazie al francescano Fra’ Pasquale de Baylon che, alle donne non soddisfatte del marito, consigliava una bevanda a base di tuorli d’uovo, zucchero e vino, capace di rinvigorire i loro uomini.
Le donne cominciarono a scambiarsi la ricetta decantando le sue virtù e quando il frate fu canonizzato Santo (Sanbajon in dialetto torinese), la crema di Sanbajon divenne famosa e San Baylon, fu eletto protettore dei pasticceri.
A Firenze, nella piccola chiesa di Santa Margherita dei Cerchi c’è una lapide davanti all’altar maggiore, che la Venerabile Compagnia dei Quochi (proprio così, “Quochi”…) dedica a san Pasquale Baylon, patrono dei cuochi e creatore della miracolosa ricetta.
Vorremmo rassicurare sull’idea che le uova facciano male (c’è il dubbio che alzino i livelli di colesterolo e di grassi nel sangue ma non tutti sono d’accordo). Nelle uova è presente la lecitina, una sostanza che favorisce il trasporto del colesterolo dalle arterie al fegato, potenziando di fatto l’azione del “colesterolo buono”.
Il risultato è che la combinazione tra colesterolo e lecitina, permette di smaltire due uova alla coque in circa due ore, mentre una porzione di carne ne impiega almeno tre.
Lo zabaione poi, anche se più pesante da digerire dell’uovo alla coque o “al tegamino”, viene indicato come “salvifico” anche in certe diete, se preso ogni giorno a colazione, magari in questo caso sostituendo lo zucchero.
Dunque, sia dia il via alle fruste!