Camminando per Firenze, fino a qualche decina di anni fa, era possibile vedere nei negozi di alimentari dei barili di legno scuro pieni fino all’orlo di filetti di baccalà sotto sale e, davanti alle vetrine, in vasche d’acciaio dove scorreva l’acqua filetti di baccalà a dissalare. Si trovavano negli alimentari anche aringhe, acciughe, tonno anch’essi ben conservabili e conservati essiccati, sotto sale e sott’olio.
Non essendo Firenze una città di mare e pur esistendo qualche “pescheria”, fino agli anni sessanta il pesce fresco non era molto diffuso, ma il baccalà, economico e facilmente conservabile, era il re della tavola del venerdì.
Per questi motivi è stato per moltissimi anni uno dei piatti “della nonna” e ha persino una ricetta tipica, “baccalà alla fiorentina”, nel famosissimo libro di ricette di Pellegrino Artusi.
Tagliate il baccalà a pezzi larghi quanto la palma della mano e infarinatelo bene. Poi mettete un tegame o una teglia al fuoco con parecchio olio e due o tre spicchi d’aglio interi, ma un po’ stiacciati. Quando questi cominciano a prender colore buttate giù il baccalà e fatelo rosolare da ambedue le parti, rimuovendolo spesso affinché non si attacchi. Sale non ne occorre o almeno ben poco previo l’assaggio, ma una presa di pepe non ci fa male. Per ultimo versategli sopra qualche cucchiaiata di sugo di pomodoro o di conserva diluita nell’acqua; fatelo bollire ancora un poco e servitelo.
La differenza tra baccalà e stoccafisso è fondamentalmente legata al processo di preparazione del merluzzo, il pesce fresco tipico dell’Atlantico settentrionale. Mentre entrambi provengono dallo stesso pesce di base, il baccalà è ottenuto attraverso la salatura del merluzzo, mentre lo stoccafisso è risultato dell’essiccazione all’aria del medesimo.
L’origine delle parole stesse rivela un po’ della loro storia. “Baccalà” ha origini tedesche, da “bakkel-jau”, che significa “pesce salato“.
“Stoccafisso” sembra invece derivare dall’inglese, ma potrebbe anche avere radici norvegesi o olandesi, come “stokkfisk” o “stocvisch”, entrambi significanti “pesce a bastone“, oppure dall’inglese “stockfish”, che significa “pesce da stoccaggio“.
Oltre alla sua importanza nella cucina quotidiana, il baccalà e lo stoccafisso (baccalà essiccato) hanno anche influenzato il linguaggio e le espressioni popolari fiorentine. L’espressione “restare come un baccalà“, ad esempio, indica l’immobilità e la sorpresa di fronte a un evento inaspettato, mentre “fare lo stoccafisso” richiama l’idea di restare immobili e incapaci di agire.